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Anatocismo, interessi anatocistici

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Nel caso di esito negativo della pratica, nulla dovrà esserci corrisposto. Un sistema molto gradito perche' lavorando a risultato ci spinge a mettere in campo tutte le nostre migliori risorse al fine di recuperare nei tempi piu' brevi il massimo. Per anatocismo nell'uso bancario si intendono gli interessi “composti”.(praticamente il calcolo degli interessi sugli interessi).

Questo tipo di calcolo in regime di capitalizzazione composta anziché in regime di capitalizzazione semplice determina una crescita esponenziale del debito.

L'anatocismo è un istituto giuridico disciplinato ancora oggi dal codice civile del 1942 ed in particolare dall'art. 1283 c.c. che vieta il regime della capitalizzazione degli interessi composta.

Nel 1999 il “decreto salvabanche” (art. 25 D.lgs 342) dichiarava legittima la capitalizzazione.

Nel 2000 la Corte Costituzionale dichiara con la sentenza 425 l'illegittimità costituzionale de art. 25 comma 3.

Nel 2004 la Suprema Corte con la sentenza 21095 (Cass. Civ., SS.UU., 4/11/2004), conferma l’illegittimità della capitalizzazione degli interessi.

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Alcuni interessanti articoli:

Italpetroli smentisce intenzione revisori di non certificare il bilancio 2009 - Roma, 3 giugno 2010
Con il consueto tempismo questa volta il giorno precedente la prima udienza dell'arbitrato promosso da Italpetroli per l'accertamento dell'illegittimità del recesso di Unicredit dall'accordo stipulato nel 2008, la condanna della banca al risarcimento dei danni per almeno € 50 milioni e la declaratoria di riduzione delle pretese della banca stessa, anche per anatocismo, per circa € 80 milioni alcune testate hanno diffuso le solite false notizie, che ormai circolano da almeno un anno, su un inevitabile fallimento del Gruppo Italpetroli qualora lo stesso non accettasse una presunta ciambella di salvataggio generosamente offerta da Unicredit.
Tali pseudo notizie, si legge in una nota, la cui origine e la cui finalità sono del tutto chiare, non ci sorprendono, ma comunque ci indignano, poiché, ancora una volta, non si è esitato ad aggredire e denigrare un gruppo di imprese sane ed i suoi lavoratori, nonché una società sportiva, come l'A.S. Roma S.p.A., che gode di ottima salute, senza alcun rispetto per la passione di milioni di tifosi.
Si precisa, comunque, per quanto possa occorrere, che è del tutto destituita di fondamento la notizia secondo la quale il Collegio sindacale e la Società di revisione BDO avrebbero comunicato a Italpetroli l'intenzione di non firmare o non certificare il bilancio per l'esercizio 2009.
Articolo pubblicato su La repubblica il 03/06/2010

Italpetroli: famiglia Sensi attacca Unicredit su interessi
Il debito sarebbe piu' basso di 70-80 mln (Il Sole 24 Ore Radiocor) - Roma, 24 feb - La famiglia Sensi, che detiene il pacchetto di maggioranza di Italpetroli, controllante dell'As Roma, e' passata al contrattacco di Unicredit, accusando la banca di anatocismo, ossia di calcolare gli interessi sugli interessi. Secondo Rosella Sensi, per effetto di questo meccanismo il debito di Italpetroli, pari a 325 milioni,sarebbe lievitato di circa 70-80 milioni, con un'alterazione della posizione reddituale del gruppo che, in base ai calcoli al 30 novembre 2008, accuserebbe una perdita di 33 milioni. Secondo 'Il Messaggero', la contestazione di Rosella Sensi avrebbe provocato, durante l'assemblea di ieri, la reazione di Unicredit, socio al 49% della holding. La questione sarebbe stata oggetto di un una discussione tra gli avvocati dei Sensi e quelli della banca. L'assemblea si sarebbe chiusa con un nulla di fatto. Sara' il collegio sindacale ora a dover valutare la fondatezza delle contestazioni della famiglia Sensi.
Il Messaggero 24-02-10 archivio-radiocor.ilsole24ore.com

Interessi sugli interessi: banca livornese costretta a restituire 37mila euro a due clienti.
In termini tecnici si chiama anatocismo ed è la capitalizzazione degli interessi su un capitale, affinché essi siano a loro volta produttivi di altri interessi: in pratica è il calcolo degli interessi sugli interessi. In Italia la legge autorizza il pagamento degli interessi legali sulle quote di debito (capitale e interessi) che non sono state regolarmente pagate a scadenza. Ma, secondo quanto ha stabilito il giudice civile, l’agenzia livornese di Banca Intesa ha agito in modo illecito e l’ha condannata a risarcire a due clienti una forte cifra: quasi 37 mila euro. La storia ha inizio negli ultimi anni Novanta, quando due livornesi piuttosto conosciuti, Ioga e Fralen Patti, soci dell’Istituto Tevenè, una nota scuola privata cittadina specializzata nel recupero di anni scolastici, aprono un conto corrente presso l’agenzia di Livorno di Banca Intesa. Nel corso degli anni, secondo quanto affermato dai due fratelli patrocinati patrocinati dall’avvocato Claudio Stolfi, la banca ha variato il tasso di interesse debitore sullo scoperto di conto, e, soprattutto, ha calcolato degli interessi composti sul debito, che alla fine erano ammontati ad oltre 50mila euro. I cambiamenti hanno avuto forti ripercussioni sull’andamento dell’azienda e sulla sua gestione, costringendo i Patti a vendere degli immobili per ripianare il debito e a chiedere un risarcimento a tal proposito. I due hanno chiamato in giudizio Banca Intesa, che dal suo punto di vista sosteneva che non solamente questa situazione non era mai stata contestata (e questo faceva decadere il diritto a impugnarli) ma che il comportamento dell’istituto di credito era stato comunque legittimo. Il tribunale alla fine ha rilevato che in diverse occasioni erano stati superati i tassi massimi di interesse stabiliti dal ministero, e che nel contratto c’erano delle clausole anatocistiche (interessi sugli interessi). Secondo le stime effettuate da un consulente tecnico, alla banca erano stati corrisposti per interessi 50.003 euro, con un’eccedenza rispetto a quanto effettivamente dovuto pari a 36.754 euro. Così il tribunale ha dichiarato nulle le clausole anatocistiche sulla capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori, e ha condannato Banca Intesa a restituire a Ioga e Fralen Patti la somma di 36.745 euro percepita in maniera indebita, circa il 75 per cento di quanto questi ultimi avevano pagato per interessi nell’arco di alcuni anni. Il giudice allo stesso tempo ha invece rigettato la richiesta di richiesta di risarcimento avanzata dai Patti, in quanto non era stato provato che le compravendite immobiliari da loro poste in essere fossero collegate alla necessità di ripianare lo scoperto di conto con la banca.
3 giugno 2010
Dopo la sentenza della Cassazione ecco le nuove stime sulla cifra ingiustamente sottratta ai consumatori dagli istituti di credito

Interessi sui prestiti bancari andranno restituiti 63 miliardi
ROMA - Le banche devono restituire ai risparmiatori circa 63 miliardi di euro per la pratica dell'anatocismo e degli interessi ultralegali: vale a dire, per la procedura scorretta adottata negli scorsi anni dagli istituti di credito, in base alla quale gli interessi sui debiti dei correntisti venivano calcolati su base trimestrale. A fornire la nuova stima è l'Adusbef, l'associazione dei consumatori che ha reso nota, nei giorni scorsi, la sentenza della Cassazione che ha dato definitivamente torto alla banche.
Inizialmente, ricorda il presidente Elio Lannutti in una nota, la stessa Adusbef aveva calcolato in circa 20-30 miliardi di euro i rimborsi che le banche dovrebbero prepararsi a erogare. Ma in seguito l'associazione ha elaborato un prospetto calcolando l'anatocismo e gli interessi ultralegali, secondo i bollettini della Banca d'Italia, dal 1991 al giugno 2000, "tenendo conto dell'utilizzo medio degli impieghi e del tasso medio che ha dato luogo agli interessi addebitati". Il risultato è una somma pari a 121.983 miliardi di vecchie lire (ossia 63 miliardi di euro), "al netto delle spese legali e delle richieste di risarcimento dei danni morali esistenziali e biologici a cui le banche saranno certamente condannate dai tribunali, dopo le sentenze consolidate, in caso di resistenza".
L'Adusbef, che metterà oggi sul suo sito il testo del ricorso al giudice di pace per le controversie sotto i 2.500 euro che non necessitano dell'assistenza legale, si dichiara "disponibile a negoziare le forme e le modalità dei risarcimenti" ma diffida il governo a varare sanatorie, magari occultate in qualche piega della riforma della legge sui fallimenti, per sottrarre i diritti ai consumatori".
La Repubblica 11 novembre 2004

La Consulta boccia il decreto del governo che aboliva i calcoli annuali, ma non era retroattivo
Gli interessi bancari sono recuperabili Stangata da 100 mila miliardi per gli istituti di credito di ELSA VINCI
ROMA - Sono recuperabili gli interessi passivi pagati ogni tre mesi alle banche. La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il decreto salva-interessi, per "eccesso di delega".
La Consulta ha dunque bocciato la sanatoria del governo D'Alema, che salvava a ritroso il pagamento trimestrale degli interessi sui conti in rosso. Come già anticipato sulla base di indiscrezioni, l' Alta Corte ha castigato le banche. Secondo le prime stime delle associazioni di consumatori, la stangata per il sistema creditizio potrebbe essere di 100 mila/130 mila miliardi. "Sentenza storica", plaudono l'Adusbef e Altroconsumo. "Apre la strada al recupero dei soldi pagati in più dai cittadini". Più cauto il segretario dell'Adiconsum, Paolo Landi, che auspica l'applicazione immediata della sentenza. A tutela del sistema bancario scende in campo l'Abi.
In una nota sottolinea: l'Alta Corte si limita ad affermare che il legislatore ha operato per eccesso di delega, ma nessun giudizio negativo è stato espresso sul sistema del credito nazionale. "Le banche - afferma l'Abi - hanno sempre agito nel rispetto delle regole". L'anatocismo, ovvero l'imposizione di interessi su interessi, è stata giudicata "una prassi stravagante" dal ministro del Tesoro, Vincenzo Visco. E a poche ore dalla sentenza della Consulta si preannuncia una pioggia di ricorsi giudiziari. Sono già 25.000 le lettere di richiesta degli utenti alle banche per rientrare in possesso delle somme pagate, ma la lista del contenzioso è destinata ad allungarsi. L'argomento - allo studio dei legali dell'Abi - rimbalza ufficialmente oggi in sede di comitato esecutivo. Intanto la questione dell'anatocismo è arrivata anche alla Corte di Giustizia europea, che ha accolto la petizione dei consumatori sull'ipotesi di accordo di cartello. Tuttavia la sentenza della Corte Costituzionale boccia il solo articolo 25, comma 3, del decreto dell'agosto '99. In pratica le sole norme che stabiliscono la sanatoria per il passato.
Dunque l'anatocismo non è morto. Per il futuro le banche potranno optare per un ritorno alla situazione antecedente al decreto delegato: calcolo annuale per gli interessi attivi e trimestrale per quelli passivi. Per ristabilire la par condicio occorre che la Corte Costituzionale si pronunci su altri articoli del decreto e sulla delibera del Cicr.
Ed è questa la prossima battaglia dei consumatori, che contano di ottenere presto una nuova remissione della Corte d'Appello di Taranto alla Consulta. Obiettivo: smontare l'intero decreto del governo. "Dormirò meglio, pensando alla faccia di Sella: no, non Quintino, parlo del presidente dell'Abi... - dice Beppe Grillo, fustigatore di banche nei suoi spettacoli - Vado a dormire contento, pensando a lui, a Fazio, e a tutti i banchieri d'Italia, al sistema svergognato davanti a tutto il paese".
LA REPUBBICA 18 ottobre 2000